
“La Presenza di Shiva. Estasi, Ascesi e Trascendenza.” Seminario domenica 23 febbraio, a Pesaro e su Zoom
Shiva e Dioniso, teofania dell’invisibile
L’asceta divino, storie mitiche e metafisiche
Negli inni vedici: Sri Rudram la visione del Dio, l’origine dei Mantra
Percorso di Formazione 2025: Poesia, Magia e Sapienza nel Mondo Antico
Shiva è il distruttore delle illusioni, colui che protegge gli eremiti, gli asceti, coloro che vivono distaccati dal mondo. Shiva è il Dio supremo, la liberazione, il padre e la madre celesti, il grande Yogi, la coscienza suprema, la non dualità, l’immortale, il Signore degli Dei e di tutti gli esseri.
“Mi inchino a te, che hai l’estensione dello spazio. Tu che hai l’aspetto di un eremita dai capelli intrecciati, con il bastone tra le mani, il ventre magro e la ciotola delle elemosine. Mi prostro a Te che sei la purezza. Tu che porti il tridente, che sei il Signore degli Dei, Tu che hai tre occhi, che sei lo spirito supremo, che sei coperto di ceneri e itifallico. Mi inchino a Te, Signore Rudra! La mezza luna adorna la tua fronte, il serpente avvolge il tuo collo, tu che impugni l’arco e il tridente. Mi inchino a Te, dall’aspetto feroce. Tu sei l’anima di tutte le creature. Tu sei il creatore e il distruttore di tutti gli esseri. Tu sei senza ira, senza inimicizia, senza attaccamento. Mi inchino a Te che sei l’immagine della Pace!” [descrizione di Shiva nel Mahabharata – Santi Parva, XLVIII]
Chi è il signore degli Dei, il Mahadeva, perché il Grande Yogi può essere definito il Signore degli Dei? A partire dalle immagini dello Shamano primordiale e dei suoi attributi, evocatore dei mondi invisibili, guardiano, mago e psicopompo, il Signore degli animali, ci incammineremo nel sentiero che parte dall’eternità, cioè la più remota preistoria, fissata in un tempo infinito, prima che il tempo degli uomini avesse iniziato a scandire il mondo. Ci immetteremo lungo la via religiosa e il sentiero nascosto e contorto del’estasi, la via esoterica e misterica, la via stretta e paradossale, nel percorso (im)possibile da e verso il Dio dell’estasi, il Dio straniero e mendicante, fuori dalle caste, il liberatore, l’origine nascosta di tutto.
E che cos’è dunque l’estasi, lo Shiva tattwa, la qualità della presenza di Shiva. Come si manifesta l’unione non duale, e come si dischiude la potenza, Shakti, che emana la creazione. Quali sono le immagini del Dio supremo, la sua devozione, le sue realizzazioni.
Infine, consapevoli di non sapere, ma con la speranza di aver colto un’intuizione, una visione remota, e di poterla trattenere nel cuore, attraverseremo alcune letture che raccontano ed evocano la Sua presenza, nella dimensione religiosa e in quella spirituale. Allargando lo sguardo, dove la visuale è diventata più ampia, incontreremo anche il greco Dioniso e i Misteri dei suoi iniziati, cercando si individuare l’archetipo che ha istruito la visione religiosa dei tempi successivi, sempre restando abitatore della selva, o della vetta inaccessibile, come testimone e ideale perfetto, unità indivisibile del Sé, immagine vivente del divino, sempre presente.
Gli yogi, per queste ragioni, sono devoti di Shiva come forma dell’ ideale supremo da conseguire attraverso l’ascesi. L’immagine di Dio può essere interiorizzata, riconosciuta al proprio interno, come ideale a cui tendere con devozione e ardore, per essere infine infine realizzata ininterrottamente come la Presenza di Shiva, anima vivente e eterna dell’individuo, Atman, percezione primordiale dell’essere, luogo dell’”io sono”, soggetto assoluto di tutto il divenire. Immagine del fuoco dell’energia perenne, l’osservatore, il lume della coscienza, il lingam, l’origine e la distruzione dell’esistente – fuoco che va custodito con cura, che distrugge il piano materiale o lo purifica e lo trasforma… Perciò gli yogi dicono che il Lingam che deve essere adorato, ma meglio, prima conosciuto e poi adorato, è il lingam interiore, quello sottile. Ci sono diversi livelli nella Bhakti: la forma antropomorfa esteriore, il dio dipinto nelle immagini religiose, che porta una certo merito, lo Shivalingam, espressione pura al di là della forma, che porta un merito infinitamente superiore (se compreso), fino alla presenza interiore, senza forma, che porta la liberazione, lo stato di identità con Shiva.
Gli Inni. Sri Rudram (Krishna Yajur Veda Taittirya Samhita, TS 4.5, 4.7)
Nel programma del Percorso di Formazione dedicato a “Poesia, Magia e Sapienza nel mondo antico” la figura di Shiva apre il nostro viaggio, a ridosso della notte di Shivaratri, evocata attraverso la descrizione tramandata dai testi vedici, nelle composizioni poetiche e nelle litanie che hanno descritto e manifestato la Sua Presenza nell’universo religioso e magico del mondo antico. Insieme ad alcuni inni del Rg Veda che ne invocano la Presenza alle Origini, la lettura tradizionale che accompagna la teofania di Shiva è lo Sri Rudram, una coppia di inni che si trovano nello Yajur Veda e in cui si trovano i due mantra che fino ad oggi sono il sigillo di chiunque si rivolga a Shiva: Om Namah Shivaya e il Maha Mrityunjaya Mantra.
Questi inni si rivolgono a Rudra, di cui Shiva è un epiteto che viene usato proprio in questi inni a invocarne l’aspetto benevolo e pacificato.
Rudra è lo spirito invisibile che muove ed evolve, nascosto sotto gli occhi di tutti, il destino di tutte le creature, dalla prima all’ultima, l’alto come il basso. L’universalità con cui Rudra è evocato è una formula unica nella letteratura religiosa. Il Dio è personificato nel re come nel servo, nel condottiero come nel fante che marcia a piedi, nell’auriga che guida il carro, ma anche nel carro e nell’artigiano che ha costruito il carro. E’ dunque il condottiero, il soggetto, ma anche l’oggetto inanimato, il percorso e ogni mezzo, diretto e indiretto, applicato per conseguire la conoscenza, ed è colui che non ha mezzi e deve muoversi a piedi.
Egli è sfuggevole e rapido, imprendibile come un ladro che attende il passante nella notte senza luna, avvolto in un fitto turbante, appostato dietro una rupe delle strette strade impervie dell’Himalaya. Poiché è invisibile, ma i suoi fendenti e i suoi piani infallibili colpiscono senza scampo ogni vivente.
Perciò è come il Sole, veduto da tutti: dalle donne che trasportano l’acqua dal pozzo e dai mandriani che muovono le bestie, su tutti governa e a tutti è noto, di tutti regola il tempo e lo spazio dell’esperienza, perciò nel Sole da tutti è riconosciuto.
Dunque leggiamo questa lunga e dettagliata preghiera, e restiamo stupiti del mondo brulicante che si offre a noi. Perché davanti ai nostri occhi non troviamo un catalogo convenzionale di buone intenzioni e di contrizioni devozionali, ma una descrizione minuziosa, paradossale ed estatica di una realtà sconfinata e tangibile, che lentamente si presenta sotto i nostri occhi e ci investe, ci trasporta e ci integra in sé. Siamo alla Presenza del Dio, tra le sue possenti braccia che stingono nell’estasi.
Affinché l’esperienza di Dio superi la dimensione duale, l’invocazione del Dio lo deve incitare, con la parola ispirata dal terrore e dal desiderio, affinché si impossessi del devoto, come un cacciatore dell’animale, come un esercito che occupa un territorio, come il profumo della primavera che fa sbocciare i fiori, e infine il solve et coagula che integra ogni soffio e ogni dualità nell’Unità col divino. Queste sono alcune delle formule con cui il Grande Dio è invocato.
Tutta la natura è presente alla grande evocazione, e così ogni singola figura umana, tutto è evocato nella presenza di Rudra, tutto scorre nel grande corteo che segue l’incedere del Signore, insieme agli gli esseri invisibili, i disincarnati e gli spiriti, gli antenati e gli astri, gli elementari, i geni e i demoni. L’universo può essere visto in questa rutilante scena collettiva, come una grande allegoria del sacro, che segna il centro del cosmo. E’ il mondo descritto minuziosamente e nelle sue contraddizioni. E’ altresì la potenza interna che si raccoglie attorno al suo unico centro radiante, quando i sensi, il pensiero, le pulsioni, i sogni e le paure, le esperienze e le ombre, i trionfi e le sconfitte, i soffi ascendenti e quelli discendenti, che popolano e agitano la coscienza umana, sono rievocati nell’affresco universale, chiamati col loro nome archetipo e magico a riunirsi per inchinarsi a Rudra, il Signore. L’unificazione che è lo scopo dello yoga, la presenza di Dio nella coscienza umana, è descritta con le immagini causali del mondo e del cosmo: non l’io individuale, ma la persona universale si manifesta nella coscienza illuminata dalla presenza di Dio, che prende possesso del territorio vivente, con tutto il cosmo, non ostile, ma pacificato, integrato nell’Unità: l’unità è Shiva, il Bene supremo.
Per ritrovarci in questo Mistero, l’appuntamento è domenica 23 febbraio con il Seminario “La Presenza di Shiva. Estasi, ascesi e trascendenza” a Pesaro e su Zoom.
Il Seminario si svolgerà domenica 23 febbraio 2025 dalle ore 9 alle ore 18 circa a Pesaro, Centro Satsang, via Togliatti 20 e su Zoom.
Il costo dell’intera giornata è di 60 euro.

Adesh. Desidero che tutte le persone che hanno espresso interesse in questo percorso possano partecipare e che nuove energie si animino attorno al Dharma, qui, soprattutto in presenza. Ho deciso di tagliare in due la quota di iscrizione, per invitare nuovi amici a partecipare, allacciare rapporti significativi, e poi proseguire un percorso sereno. Il seminario “La Presenza di Shiva” è un invito a incominciare. Si tratta di una intera giornata seminariale, dalle 9 alle 18 e forse oltre. Il tema è fitto e impegnativo, bello come niente altro, fuori dagli schemi, chiarificante, entusiastico ed estatico. A questo punto, fate ciò che sentite nel cuore: conoscere Shiva. Ci vediamo domenica 23 alle 9 per incominciare un viaggio spirituale che spero animerà tutti noi per molto, molto tempo! Adesh!