LA VIA DEI SIDDHA. LO YOGA DELLE ORIGINI E LA PSICOLOGIA DEL PROFONDO.
Seminario e Ritiro di Meditazione, 8-10 dicembre 2023
Un Siddha è uno yogi che abbia raggiunto poteri sovrumani (Siddhi) o un Jivanmukthi, un liberato in vita. Questo termine è impiegato anche per intendere il raggiungimento della perfezione spirituale o dell’immortalità. Tale Siddha si dice dotato di un corpo divino, ha cioè trasformato la sua natura mortale nella stessa natura del Dio (Teosi) ed è perciò diventato Shiva stesso, poiché ha realizzato un’identità piena con la Realtà suprema.
Nella tradizione popolare, a causa delle innumerevoli imprese straordinarie degli yogi devoti a questa pratica di realizzazione, un Siddha è anche un mago, un eroe che ha sfidato la morte e un operatore di miracoli. Il Siddha è anche descritto come un Kavi, un poeta veggente estatico, depositario della conoscenza segreta, e un guaritore mistico che conosce il segreto per ringiovanire il vecchio e il malato e riportare in vita i morti. Tutte queste espressioni sono descritte nelle meravigliose vite leggendarie degli Yogi Nath e dei Siddha.
All’origine dei cammini spirituali dello yoga e delle tradizioni spirituali, esistono delle esperienze ataviche e degli archetipi, che sono conoscenze fondamentali, fonte di perenne ispirazione e significato, che sono le idee-guida perché la mente possa sondare profondità altrimenti irraggiungibili alla ragione. Queste espressioni archetipe sono state il paradigma e il punto di riferimento di millenni di pratica. Nel nostro tempo raramente si espongono e raramente il praticante, di yoga o di meditazione, come il ricercatore spirituale, sono messi al corrente delle esperienze fondative a cui dovrebbe essere invece saldamente ancorato per proseguire il suo impegno in maniera significativa.
Un motivo è che la letteratura antica, che tramanda questi elementi fondamentali, è di carattere allegorico e misterico, fedele cioè ai linguaggi dell’alchimia e degli oracoli dell’antichità, così come è intessuta delle misteriose vite leggendarie degli yogi, e perciò è costituita di espressioni simboliche, anche quando vuole essere tecnica, che richiedono che il lettore faccia pratica di astrazione e di realizzazione, già nell’esercizio della lettura, che deve essere veicolata dal maestro e condivisa nella contemplazione del Sangam.
Il testo tradizionale, quando vuole ri-velare un segreto, che è un dato imprescindibile del cammino, lo fa in maniera ermetica e poetica, permettendo cioè la più grande libertà espressiva per chi ha descritto questioni che trascendono la portata collettiva, e la più grande libertà interpretativa e sperimentale per chi si accinge a compiere il percorso. Il testo esoterico è perciò simbolico e astratto, concepito nell’esperienza trascendente e nel suo linguaggio, e dato per immergere il ricercatore nel profondo della dimensione sottile e simbolica, per farlo emergere perciò gradualmente, con il suo passo, con le sue gambe, con la sua immaginazione attiva e la sua integrità vitale, verso la libertà ultima, la liberazione.
Nelle allegorie alchemiche degli yogi Siddha, le fasi attraversate dal Mercurio filosofico, la trasformazione del veleno in nettare, come la macerazione patita dal Soma vedico prima di essere consumato in offerta agli Dei, diventano il campo del lavoro corporeo e sottile con cui lo yogi opera internamente, nella sostanza psichica, nel soffio del respiro, nella volatilità della mente, nella corrente dei fluidi corporei ed emozionali, negli elementi sensoriali e naturali. Queste sono tutte esperienze di meditazione, fondate nella tradizione dello yoga dei Siddha. Lo yogi partecipa della trasformazione simbolica del suo “seme” spirituale, alla sua purificazione e sublimazione, così come l’alchimista partecipava con la visione dell’anima alle fasi di lavorazione del mercurio, che era un esperienza indiretta, proiettiva, dello stesso principio. Di tutte le cose, in alto e in basso, il conoscitore sa che sono una sola.
Lo yogi è considerato nel pensiero antico alla stregua di un eroe, come colui che è disceso nell’oltretomba, ha visitato i mondi celesti, dove ha visto gli archetipi del mondo, ha patito ed è stato macerato, smembrato, calcificato, ha lottato, ha ritrovato la sua potenza, ed è ritornato immortale, alla stregua degli Dei…
E’ attraverso questi passaggi catartici che lo Yogi realizza e compie la propria vicenda spirituale come una trasformazione alchemica, facendosi sostanza di quel Mercurio filosofico che attraversa molte fasi di purificazione, finché non partorisce la propria natura divina. La sua natura è quindi maschile e femminile, è seme ed è grembo, è potenza latente ed energia formante. Nella congiunzione di queste dimensioni, del maschile e del femminile, dell’essere e del divenire, la sua natura si compie, e conosce in sé il compimento di tutte le cose.
Agli eroi antichi, nel mondo mediterraneo, veniva tributato l’omaggio dell’Erma, un busto collocato su una colonna, di forma fallica, simbolo di Hermes, Mercurio, lo psicopompo, colui che può attraversare i mondi restando incorrotto e guidando con sé le anime verso la loro destinazione. Hermes che è il paradigma del Sapiente, il Trismegisto, figura dell’Egizio Thoth, inventore della scrittura e dell’alchimia, e di tutte le tecniche magiche nell’antico Egitto. L’Hermes dell’eroe è fermo, è mercurio solidificato in pietra, segno tangibile dell’opera compiuta, è un Lingam con un volto umano, che esiste solo nella forma commemorativa: dove è accaduto che un tale uomo abbia compiuto l’opera spirituale, incarnando la sapienza esoterica, lì si invera la presenza del divino, lì si lasciano offerte come a una persona viva, perché quella personalità è diventata immortale. Così in India lo yogi che ha compiuto il percorso a cui alludono le scritture, il Siddha, è divenuto lo stesso Shiva.
A differenza del tecnicismo di oggi, era l’imaginatio, dicevano gli alchimisti, così come la meditazione attiva, praticata dagli yogi, a permettere di incontrare la presenza divina in sé, nelle sue molteplici forme, e realizzarla nell’unione e unificazione del Sé.
L’orientalista e storico delle religioni Henry Corbin, nel suo celebre articolo Mundus Imaginalis, definiva le coordinate dell’immaginario spirituale, che è poi la dimensione della meditazione, come il mondo dei corpi sottili.
“In breve, quello è il mondo dei “corpi sottili” idea che si dimostra indispensabile per dimostrare il collegamento tra il puro spirito e il corpo materiale. […]
L’Immaginazione attiva è lo specchio eccellente, il luogo epifanico delle Immagini del mondo archetipale; per questo motivo la teoria del mundus imaginalis è legata alla teoria della conoscenza immaginativa e della funzione immaginativa – funzione propriamente centrale e mediatrice, grazie alla posizione mediana e mediatrice del mundus imaginalis. E’ la funzione che permette a tutti gli universi di simbolizzarsi l’uno con l’altro (ovvero esistere in relazione simbolica l’uno con l’altro) e che ci porta a riconoscere, sperimentalmente, che le stesse realtà sostanziali assumono forme in relazione a ciascun universo. […]
La formulazione più esatta di tutto questo, nella tradizione teosofica occidentale, si trova probabilmente in Swedenborg: “Tutte le cose in Paradiso appaiono, come nel mondo, avere luogo e dimensione, ma gli angeli non hanno alcuna nozione di luogo e dimensione”. Questo perché “tutti i cambiamenti di spazio nel mondo spirituale sono effetti di variazioni di stato interiori, cioè ogni cambiamento di luogo è in realtà un cambiamento di stato… Si trovano vicini gli uni agli altri quelli che sono simili in stato e sono distanti quelli che sono in stati differenti; e gli spazi del cielo sono semplicemente condizioni esteriori corrispondenti a stati interiori. Per la stessa ragione i cieli sono distinti gli uni dagli altri… Quando qualcuno si sposta da un luogo all’altro… arriva velocemente dove desidera ardentemente andare, e con minore rapidità dove non lo desidera, poiché la via si allunga e si accorcia a seconda del desiderio. Questo ho visto di frequente con mia sorpresa. Tutto ciò esprime come le distanze, e quindi lo spazio, siano pienamente in accordo con gli stati interiori degli angeli; dunque, non vi è idea di spazio nei loro pensieri, sebbene lo spazio esista in loro quanto nel mondo.” [Emmanuel Swedenborg “Heaven and its Wonders and Hell”]”
Attraverso l’esperienza interiore, immaginale, lo yogi raggiunge quella qualità angelica o divina che lo rende simile agli esseri celesti, in grado di spostarsi liberamente, o volare, manipolare e trasformare le sostanze grossolane del mondo e le dimensioni fisiche dello spazio e del tempo, riconducendo al proprio interno la loro natura, riconoscendone l’origine, la vera sostanza, la natura luminosa e sottile.
Durante il ritiro del 8 – 10 dicembre, leggeremo e commenteremo testi esoterici della tradizione dello yoga come Goraksha Sataka, Gorakh Bani, Kechari Vidya, Amritasiddhi, Siddha Siddhanta Paddhati, e altri scritti attribuiti a Gorakhnath, insieme ad alcune riflessioni di psicologia del profondo e testi di alchimia spirituale. Alterneremo letture e commenti con esperienze di meditazione e satsang.
Tutti i temi che esporremo in questo Seminario che, come dice la parola, è il momento della semina, sono intesi anche come introduzione al ciclo di meditazione che incomincerà a Gennaio 2024.
Informazioni utili:
Seminario “La via dei Siddha”, 8-10 dicembre 2023
orario: 10-13 e 15,30 – 18,30
Pesaro, via Togliatti 20
Oppure su Zoom
Costo per l’intero seminario €200
Iscrizioni e contatti alla pagina Info&contatti