La Parola Madre. Teologia del Suono e della Parola nei Veda e nello Yoga.

Con l’inizio della celebrazione di Navaratri, dobbiamo concentrare il pensiero e le nostre energie a cogliere un grado più profondo e più reale, vivido, di esperienza della Dea Madre. L’induismo, come il cattolicesimo, ha fatto un largo uso dell’iconografia della Dea, immagini le cui origini si possono tracciare fino alla preistoria. Il significato profondo però è apparentemente semplice. Se Madre è un concetto universalmente riconoscibile, la sua divinizzazione può procedere o per un artificio retorico, che ci porta a stabilire una dimensione di genere ontologica, un “eterno femminino” le cui caratteristiche sono però definitivamente “troppo umane”, dettate da convenzioni e oppressioni secolari, certamente non innocenti. Oppure deve risalire a una tradizione di ricerca dell’essere in sé, che ha indagato l’origine del mondo in termini assoluti, non umani, non qualificati. La vera Origine, denominata Madre o padre, o come nella cosmogonia indiana, padre e madre. Risalire a questa Origine è il mandato e lo scopo del cammino spirituale, un affrancarsi dalle definizioni mondane o derivate dall’esperienza sociale, per risalire a un punto di pura realtà, da cui eventualmente discendono. Realizzare questa Realtà, è ciò che nel pensiero indiano è lo scopo del processo religioso o gnostico, due ambiti che non si sono mai scissi completamente, ma sono l’uno l’immagine esteriore dell’altro, che ha il suo piano di sviluppo segreto, individuale. Gnosis è perciò quel “gnoti te auton”, conoscere un Sé – Atman -che sta a monte di tutte le dualità e le contraddizioni, in cui sono compresi e risolti l’assoluto e il relativo, il divino e la creazione. Questa unità cosmica è Brhaman, l’increato, l’essere primo e unico, che comprende ogni cosa.

Se nel pensiero gnostico indiano l’assoluto è pura coscienza, non un uomo, una donna o un essere specifico, ma la sola pura coscienza dell’essere, o l’essere come solo coscienza di essere, la sua creazione è il fenomeno peculiare della coscienza: intelligenza. Coscienza e intelligenza non possono essere separate, l’intelligenza deve per forza appartenere alla coscienza, come una coscienza esprimerà una sua intelligenza, così la polarità tra – per così dire – dio e creazione non sussiste, essendo l’una la forma manifesta dell’altro, come il calore lo è del fuoco, un doppio inscindibile che è effettivamente un unico e solo.

Per cui, tra il Supremo, l’Assoluto, non maschile e non femminile (anzi, definibile solo per negazione: non questo e non quello) e la manifestazione del mondo o dei mondi, degli esseri e delle creature esiste una relazione non duale. Non duale non implica che l’unità sia palese a tutti, nell’immediato, anzi, questa realizzazione, della non dualità come realtà ultima, è proprio il percorso spirituale che si intende come metafisica – questa è una metafisica pratica, realizzativa – che è la conoscenza che l’iniziato, lo yogi, il saggio, sono tenuti a perseguire. E’ la gnosi, Jnana.
Perciò, tutto quello di cui si può umanamente parlare è unicamente il lavoro di conoscenza e riconoscimento (ri-cor-do, la rimembrana platonica o anamesi) che permetta di riportare la coscienza a quella unità. Ciò di cui si parla, come ciò che si può sperimentare dal lato umano e vivente del corpo divino, il mondo, è solo fenomeno della sua intelligenza.

La creazione fu preceduta dalla Parola. Perciò Shamkarachariya osserva che, quando un uomo vuole realizzare un suo proposito, prima chiama alla mente il significato della parola che esprime la sua idea, formula l’idea nella sua mente, poi procede nel suo scopo. Questa analogia esemplifica come le parole dei Veda prima si manifestarono nella mente divina e poi crearono gli oggetti quali loro risultato. Così il testo Vedico dice ” Emettendo Bhùh (la terra) lui creò la terra (Bhùmi) ” e così via. Questo significa che tutti i mondi e gli esseri che li popolano furono manifestati o creati dalla parola ” Bhùh ” pensata nella Sua mente.

Il Parashabda (suono causale originario, supremo) di Ishwara ha come effetto ogni Aparashabda (suono causato, creato, non supremo), il suono o la voce di ogni singolo fenomeno del creato.

Quella causa, o Parasabda, è la Devi suprema, la Madre dei Veda e dei Mondi. E’ Lei che si manifesta come nome (Nama) e forma (Rupa): è l’universo, composto dal nome e dalla forma. Lei è la Shakti Suprema, e qualsiasi cosa si possa dire di lei è formata in ogni modo da una delle sue espressioni fonetiche e sonore, così come ogni parola che manifesta un discorso.

Tutte le cose erano presenti allorigine nel Grande Utero (Mahayoni, Hyranyagarba) della Madre di tutti (Ambika). Questa Potenza divenne manifesta quando l’universo fu manifestato, ed alla sua dissoluzione la potenza, Shakti, come tutto l’universo rientrerà nel Brahman per rimanere con Lui (che è Chit, coscienza pura senza oggetto) come Chidrùpini (forma della coscienza, l’insieme delle cause-forme, o suoni, che costituiscono gli elementi della coscienza, nella sua totalità cosmica).

Ma è in particolare nell’inno a Vac che si può ravvisare la prima personificazione di un principio femminile di energia creatrice: una potente figura femminile che da sola pervade e sostiene ogni aspetto della vita e del cosmo.

Con i Rudra e con i Vasu mi desto e con gli Aditya e con gli Dei cammino.
Io sono il supporto di Mirta e Varuna, di Indra, di Agni e degli Ashvin.
Io animo il Soma eccitante, io sostengo Tvastar, Pusan, e Bhaga.
Io accordo il successo a chi offre il sacrificio, al devoto e all’iniziato al Soma.
Io sono la sovrana, la detentrice di tutti i beni, la sapienza, l’adorabile.
Io entro in ogni luogo e in molte forme, ovunque mi disponga il divino creatore.
Io nutro la creatura che vede, che respira, che ascolta parole sensate.
Gli esseri abitano in me, sebbene non mi vedano:
mi ascoltino, dunque, io sono la verità.
Da me provengono le parole e le storie che gli uomini e gli dei amano ascoltare.
L’uomo prediletto da me prospererà, io lo faccio sacerdote, saggio, profeta.
Io tendo l’arco divino, io colpisco l’empio che infanga la parola.
Tra la gente sollevo la lotta e riempio la terra e il cielo.
Io provengo dal profondo delle acque oceaniche,
io porto Dio alla vetta del mondo.
Mi espando nei mondi e in tutte le creature, e
la mia fronte tocca il più alto dei cieli.
Il mio respiro è potente come il vento e la tempesta,
con esso dispongo i mondi e gli esseri.
Al di sopra della terra e dei cieli io domino con luminosa potenza e vastità.

[RG VEDA CXXV, DEVI SUKTA]

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